Sfursat Fruttaio Cà Rizzieri 2013. La versione di d.c.

Per molto tempo la mia dichiarata nebbiolodipendenza mi ha portato a navigare tra Langhe, Roero e Valtellina (nonché zone più marginali, come oramai sapete…): tutte espressioni diverse di un vigneto che ti appaga, sempre, ma non ti sazia, mai. Ed in Valtellina ho sempre ritrovato l’eccellenza espressiva in due grandi vini: lo Sforzato 5 Stelle di Nino Negri ed appunto il Fruttaio di Rainoldi. Potete immaginare come siano brillati i miei occhi quando la comanda è stata lanciata, colma di sicumera ed un po’ di tracotanza, da parte di R.R.: è evidente che questo Sfursat sia un monumento per tutti gli amanti del bere bene.

Rosso rubino di profondità abissale. Profumi mai domi, che continuano a cambiare e rincorrersi: lo spettro olfattivo è impressionante. Difficile definire una complessità non arginabile che va dal frutto rosso e nero di bosco (fragolina, mirtillo, lampone) per poi trasformarsi in una dolcissima mora di gelso, per poi ancora andare su note terrose, di fungo essiccato, di tabacco e probabilmente di cuoio toscano. E la ruota del pavone continua a girare, e la nostra capacità percettiva è finita, incapace di farsi ulteriormente impressionare. Quando scende nel cavo orale non si percepisce minimamente l’elevato contenuto alcolico, ma rimane integro, racchiuso all’interno di due lunghissimi binari di durezze che ne regolano una struttura sontuosa e granitica. Persistenza non terrena: a giorni di distanza mi pare di averlo ancora lì in bocca. Suggestione? Senz’altro! Ma R.R.raccontami il tuo Cà Rizzieri… il mio è stato, come sempre, indimenticabile.

d.c.

CCCLXXXIII

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