Fonte del re 2004. Lacrima di Morro d’Alba doc. Umani Ronchi.

Farina di castagne, liquirizia ed una spolverata di noce moscata. Sorprendente la vitalità di un vino, forse nato per un consumo non dopo tre lustri. E continua così, con un vino inusuale, il mio viaggio studio (da casa…) marchigiano. I profumi sono intensi ed espressivi di evoluzioni terziarie. Il colore è ancora inchiostro per quanto solcato da pennellate granata-mattone. In bocca il vino è sottile, nobile; accarezza con un tannino setoso. I quindici anni però hanno lenito la carica di acidità, obbiettivamente blanda. Persistenza fungina.

d.c.

Corvina veronese Igt 2014. David Sterza.

Meravigliosa eleganza fatta di viola e mora di gelso. Il naso rimane lì incantato, incapace di staccarsi dal dolce ristoro. È ancora presto per la Corvina 2014, il meglio credo che lo darà fra quattro o cinque anni, ma fin da subito stupisce per la citata eleganza e per un equilibrio straordinario che inganna celando abilmente il notevole tenore alcolico, mai percepito al palato. Da dimenticare in cantina.

d.c.

Inaspettate effervescenze del Sud

Potrebbe sembrare quasi un’ossessione la ricerca costante di bollicine metodo classico. Sarà, ma una buona bolla è sempre gradita in qualsiasi momento. Esplorate e riesplorate le zone storicamente più vocate del nord Italia dall’Oltrepò all’Alta Langa, dalla Franciacorta al Trentodoc, ma (grazie al cielo!!) viaggiando per lo stivale non è poi così raro incontrare altri maestri di spumantizzazione.
E’ il caso di d’Araprì azienda del Foggiano che dalla fine degli anni ’70 ci delizia con le sue spumantizzazioni del bombino bianco che espresso in purezza o con l’apporto di pinot nero sa regalare ebbrezze indimenticabili.
L’ho apprezzato in varie vacanze pugliesi, bevuto in riva al mare, abbinato a crudités locali, un’accoppiata indimenticabile. Di recente, in una degustazione a tema, sono stato colpito dal Gran Cuvèe XXI Secolo millesimo 2012 sapiente assemblaggio di Bombino Bianco, Pinot Nero e Montepulciano.
Una vera sorpresa. Al bicchiere luminoso dai dorati riflessi, al naso Champagne: esagerato? Non direi, un susseguirsi di intense sensazioni olfattive spaziando dagli agrumi, all’albicocca poi miele passando per la nocciola, il tutto su fondo di piccola pasticceria con un ricordo di focaia nel finale.
Fragrante cremosità in bocca. Di notevole struttura ben sostenuta dall’acidità, forse ancora un po’ da domarsi l’equilibrio, ma è ampiamente giustificato dalla recentissima sboccatura 2019.
Una conferma questo grande produttore di bolle del Sud che sa regalare frizzanti emozioni.
E ora via alla ricerca della prossima effervescenza.

R.R.

Vigneti del parco 2000. Rosso Conero Doc Riserva. Moncaro.

Credo che pochi vini sappiano cambiare con il loro invecchiamento così tanto come quelli provenienti da uve di Montepulciano: così irruenti ed irsuti in età giovanile, come avvolgenti, sensuali e suadenti in maturità. Siamo un poco più al Nord dalla zona di vocazione e tradizione classica, ossia l’Abruzzo, ma il Rosso Conero di oggi mi ha entusiasmato e commosso. Il colore è integro, giovanile, e non riesce a far datare i quasi vent’anni; così i profumi sono ancora molto fruttati, seppur su note “disidratate”, e solo in coda una nota di pepe e tabacco. Pienissimo, avvolgente al palato in una espressione di equilibrio straordinario, mai aggressivo né nei toni di freschezza o calore. Incredibile la chiusura infinita che lascia la bocca perennemente cioccolatosa.

d.c.

Brut Rosé. Mattia Vezzola Costaripa.

È uno dei miei “classici”. Non sarò certamente io a raccontarvi i vini di Costaripa, alcuni dei quali celeberrimi. Solo che il Brut Rosé è il mio preferito fin dai tempi in cui li frequentavo ( lavorativamente… si risale alla notte dei tempi…) e forse questo era il vino meno conosciuto (e più riuscito…). Il mio preferito perché allora come ora è un Rosé diverso (anche da quelli che Mattia Vezzola inventa per Bellavista): qui il frutto del Pinot Nero è più rosso; fragolina di bosco, ribes e lampone prima coinvolgono il naso e poi scombussolano la bocca. È una continua alternanza di acidità e dolcezza (a volte anche con una punta di miele ma non ossadativa) come un metronomo che scandisce il tempo e richiama sistematicamente il nuovo sorso.

d.c.

Extra Brut Camossi. Franciacorta docg.

Meraviglioso! Non ho altre parole o giudizi da aggiungere. Meraviglioso… I profumi sono da “Nature” francese, concentrati sull’essenza del frutto, ancora molto croccante ed un po’ agrumato. Di sorprendente eleganza, con una bollicina minuscola che bombarda le papille, ed una sapidità prudente che affiora e prolunga la piacevolezza a livelli record. E ritornano ventate di buccia di bergamotto e fini erbe aromatiche che magicamente si abbinano alla perfezione alle “crudità” della mia straordinaria amica Fernanda, grande Chef di mare.

d.c.

Friulano 2017. Cantina Produttori Cormons. Collio doc.

Corrosivo e verde. Una versione assolutamente inaspettata di Tocai Friuliano. Nell’attesa di intense pennellate di frutta gialla e desiderando di scorgere la firma del Tocai ossia la chiusura ammandorlata, mi sono trovato di fronte a qualcosa di assolutamente diverso: con ciò comunque non voglio dire di meno piacevole. Il vino è alla vista limpido e verdognolo, ma già al naso è facile scorgere il carattere scorbutico ed aggressivo: molte note vegetali, non solo erbacee, ma anche di julienne di verdura fresca finemente tritata, un po’ di balsamico e solo in fondo in fondo alcune tracce agrumate. Ma in bocca fa male! Preciso tagliente, forse anche troppo. Un po’ deludente in persistenza, così concentrato sulle durezze, rimanendo su note di cetriolo che non riescono mai a divenire di quell’amarognolo tanto amato…

d.c.

Mistero: Millesimato quando?

Il miglior Prosecco d’Italia? Proprio non lo so, visto che da buon Winesnob, di Prosecco ne bevo molto poco… 92 punti di Luca Maroni? Ma io non li concedo neanche ai grandi Champagne… Però è proprio buono! Sorprendentemente buono!!! Ci siamo persi in un campo di camomilla, fra cestini di albicocche, e mazzetti di erbe aromatiche: è un’esplosione primaverile. In bocca è divertente: bella freschezza e qualche grammo di zucchero in più lo trasforma nell’accampamento ideale per un inatteso aperitivo domenicale.

L’unico grande dubbio: millesimato, ma di quale vendemmia?

d.c.

SVELATO L’ARCANO!!!!

Tristezza… per favore vai via…

Una giornata triste, una di quelle che iniziano prima dell’alba e sono destinate a terminare a tarda notte, completamente riservate al lavoro. Due colleghi (di quelli speciali) sfiniti ed un’idea brillante…non ci posso credere… qui a Lodi Ronco Calino… qui a Lodi due bottiglie di Brut 2011…

I profumi mi inebriano e commuovono: Chardonnay e Pinot Nero si sono fusi in un abbraccio che rilascia pennellate di albicocca, agrumi, fiori bianchi, banana ed infine anche conturbanti erbe aromatiche. Gli otto anni di riposo non hanno minimamente inciso sulla struttura che compare granitica: acidità e sapidità tagliano la lingua lasciando letteralmente senza parole. La persistenza “francese” non lascia scampo alla distrazione.

Qui a Lodi non ci sono più le due bottiglie di Brut 2011…

d.c.