POSSIAMO CHIAMARLO ANCORA CHIARETTO?

Qualche giorno fa il “ GIORNALE DI BRESCIA “ riportava la notizia del premio di   Lega Ambiente per la categoria “ Vini rosati “ all’ Azienda agricola Vedrine di Polpenazze sul Garda bissando il premio vinto l’anno scorso.

Avete mai assaggiato questo vino? O meglio: l’avete visto in giro?

Penso proprio di no!

Dario Ferrarini, ingegnere, occupato in tutt’altre faccende, produce vino ( purtroppo poco ) per pura passione, per la soddisfazione di fare qualcosa di buono.

A dire la verità ho sempre guardato con un certo sospetto il così detto “ vino di una notte “. Ho trovato spesso questa tipologia ( il rosato ) ambigua, per dirla in breve: né carne né pesce. Un vino stagionale da bere fresco nelle giornate di calura, il cui abbinamento cibo-vino presenta molte incompletezze.

Il solito amico G.Paolo mi ha coinvolto per primo nell’ assaggio di questo vino e assicuro che ne sono rimasto colpito. Non mi soffermo sul profumo o sul colore, sensazioni spesso legate a sole suggestioni talvolta anche solo temporanee.

Ciò che mi interessa è lo spettro aromatico in cui vieni avvolto. La sua lunghissima persistenza non è data da particolari aromi , che potrebbero alla lunga anche stancare, ma dalla sua stessa presenza, è un vino che passa, ma che blocca il pensiero su quello che hai provato. La sensazione al palato di morbidezza e rotondità è notevole.

Sinceramente ho difficoltà ad esprimermi completamente. Anche se ho qualche annetto, non mi sono mai trovato davanti una realtà come questa.

Mi sono divertito a fare qualche abbinamento di prova.

  • Aperitivo con acciughine avvolte nel cappero.

Abbinamento un po’ complesso per l’acidità dei capperi da un lato e dalla salinità e dalla intensità aromatica delle acciughe dall’altro. E’ bastato un sorso per avere un palato e soprattutto il cervello pronto a nuove avventure.

  • Delicata lasagna di verdure, besciamella e formaggio fondente: perfetto.
  • Caprini freschi e semi stagionati: ottimo
  • Carpaccio di salmone olio e limone: notevole.

Scommetto che qualcuno comincia a non credermi!

Vi racconto solo questo.

Mia moglie di vino non se ne intende molto, le Sue frasi tipiche sono: mi pizzica la gola, mi sembra una limonata, è meglio la coca-cola e così via…

L’altra sera ho abbinato il chiaretto di Dario con un trancio di salmone ai ferri con erbette aromatiche e ho chiesto: cosa te ne sembra? Risposta: è talmente buono che pensavo di regalarlo a…

E’ il miglior complimento che si possa fare ad un vino…

Ancora a Trento.

Arduo pensare che l’umile Cuvée 600uno potesse rivaleggiare con l’imponente Maso Martis Riserva di un paio di sere fa… ma l’ultima di una dozzina di bottiglie acquistate un paio di anni fa non ha certamente fatto brutta figura, anzi mi ha stupito per l’incredibile rapporto qualità/prezzo (se ricordo bene non ho speso più di 6 euro a bottiglia!). Il vino si sviluppa su canoni previsti: lo Chardonnay è riconoscibile nelle sue note evolutive di frutta gialla matura, ma nessun eccesso stonato o che incida negativamente su un’impostazione di generale eleganza. Il vino in bocca non ha perso freschezza, ma di certo comincia a prevalere una rotondità evolutiva che lascia il palato ammorbidito ed addolcito da una piacevole sensazione di frutto. Chiusura equilibrata e stimolante al nuovo sorso.

d.c.

CCXLIX

Recupero, recupero… Recupero!

Con ancora non abbandonata la memoria dell’imperioso 2013 di Andrea Arici eccomi tuffare in un altro millesimo 2013 altrettanto straordinario.

Mai recupero alle precedenti medie fu più rapido…

Adoro Maso Martis per la finezza ultraterrena dei suoi prodotti: dal colore, alle bollicine assolutamente microscopiche e veramente infinite, alla scia agrumata dei profumi, tutto sembra costruito appositamente per stupire. In bocca poi graffia ed incide. È incredibile la profondità in cui si viene lanciati. I profumi evolvono in cangiante progressione: dall’arancia sanguinello, si passa ad un croccante tarocco per poi appoggiare su bacche rosse e nere. Con il calore la dolcezza del mirtillo ti stordisce. Ma tutto è misurato con precisione millimetrica, nulla è mai fuori posto. Solamente infinito.

d.c.

CCXLVIII

Recupero…Recupero!

Dopo tre settimane senza bollicine non potevo rischiare una delusione… meglio andare sul sicuro ed aprire qualcosa di sicuramente buono.

Sono affezionato alla cantina di Andrea Arici, non foss’altro perché i suoi vigneti mi salutano tutte le mattine e mi accolgono, la sera, al mio rientro. Da sempre interprete ed autore del “non dosaggio” caratterizza i suoi vini esaltando la percezione del frutto, sempre maturo, rotondo, quasi edibile. Normalmente amato da tutti i palati, dai meno avvezzi ai più raffinati, ma questi prodotti rappresentano un unicuum nel territorio franciacortino, non immediatamente paragonabili agli altri consorziati.

Pinot nero di frontiera, allevato sulle pendici dei confini orientali della Franciacorta, confonde il naso con profumi più di frutta a polpa gialla (tra una mela golden e forse una annurca ben matura) che dell’atteso agrume. Affascinante una lievissima sensazione di tostato che rimane anche negli aromi da retrolfattazione. Incredibile la tenuta alla temperatura. Il vino si scalda, cambia verso toni di maggiore maturità, ma resta costantemente godibilissimo. La pienezza del frutto è tale che arrotonda l’entrata al palato, scalfito dalle durezze ma immediatamente lenito. Persistenze da Grand Cru.

Dosaggio Zero Nero millesimo 2013… 2 bottiglie per il recupero potranno bastare…

d.c.

CCXLVII

Scacciadiavoli Grechetto doc 2017.

Mi ero ripromesso, quest’estate, di bere e raccontare, nel mio giro d’Italia con la mia truppa, una quantità smodata di vini diversi. Ed invece mi sono dedicato, bevendone comunque una quantità smodata, ad una serie di birre, quasi tutte Blonde Ale, molte assolutamente straordinarie, tutte rigorosamente italiane. Ma dal momento che qui siamo su Wine Top Blog, ne tratterò in un’altra vita…

Impossibile, almeno dal punto di vista statistico, tenermi completamente a secco di vino: devo ammettere che un po’ di pigrizia mi ha bloccato la scrittura, troppo spesso corroborata da cattivi incontri.

Ma tornati in Umbria non si poteva non rincontrare un po’ di qualità. E per cui a Perugia, alle spalle del Palazzo dei Priori, in un ardito abbinamento con delle pappardelle al Nero di Norcia, un umile Grechetto doc 2017 di Scacciadiavoli. Apparentemente scarico in tutte le sue caratteristiche (giallo paglierino tenuissimo alla vista con riflessi verdognoli, una fluidità nel bicchiere fortemente accennata) in realtà stupisce per l’esuberante componente alcoolica minimamente percepita al gusto, evidentemente ben sostenuta e contrastata da componenti di acidità non immediatamente affioranti quanto invece un timbro di sapidità costante.

Ed adesso, cari amici, pronti al recupero…

d.c.

CCXLVI