Verdea la Tonsa, Nettare dei Santi.

Viene dalle zone di San Colombano questo vino frizzante secco, senza denominazione, senza indicazioni, senza nulla… sappiamo solo che è prodotto dalla vinificazione di questa uva locale, dal limitato sviluppo alcoolico. Impossibile rintracciare particolari lodi (olfatto leggero e poco espressivo, acidità lieve sorretta da una frizzantezza da naturale rifermentazione), ma neanche infamia per un vino corretto, senza particolari difetti, volutamente umile.

d.c.


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… più memorabile del vino la meravigliosa “bomba di riso”  abbinata ed improvvisata in quattro e quattr’otto da Elena…

Ma è nato prima l’uovo o la gallina?

O meglio: è nata prima la straordinaria coppa e l’impareggiabile pancetta piacentina o il gutturnio frizzante? Credo che rappresentino un binomio imprescindibile, quasi un postulato euclideo. E per cui nel rincorrere ed anelare ad antiche vendemmie di Chateaux, nel sognare Baroli ottuagenari e Supertuscan da milionari, evviva evviva il tanto umile Gutturnio frizzante, sontuoso cerimoniere delle tavole più frugali, più spontanee e genuine…

Credo che la cantina in esame oggi sia tra i grandi interpreti del Gutturnio, ed in particolare modo di quello spumoso e frizzante; ma questa volta mi sono tolto lo sfizio di verificare la tenuta nel tempo di questi vini, attesi normalmente a pronto consumo. E devo dire che la prova è stata superata con grande onore: forse ha perso un po’ di esuberante freschezza, ma anche di rusticità (a volte un po’ troppo invadente), mantenendo un bel profilo intensamente fruttato, pulito, senza cadere in quei sentori di buccia di salame, troppo spesso incontrati in rossi mossi “passati”.

Questa sera perfettamente sposato ad una culaccia da lacrime di commozione proveniente da Perino in Val Trebbia.

d.c.


Giorgi 1870  Gran Cuvée storica 2011.

Pinot nero delicato, tenue, appena appena sussurrato. Abituati come siamo noi “franciacortini” a pinot di carattere, a volte muscolosi, a volte persino rustici, lascia spiazzati questa eleganza che non lascia traccia. Questa leggerezza era già stata definita come cifra stilistica in precedenti avvicinamenti alla cantina, già “postati” anche qui nel nostro petit cahier. Pluripremiato dalle Guide con bicchieri, gujot e chi più ne ha più ne metta…il vino è perfetto, ma… non mi ha pienamente convinto!

d.c.


Retroetichetta: non vi pare un po’ troppo piena?

Sigillo particolare.


Il tappo perfetto.

Amarone della Valpolicella classico, Campomasua, Venturini. 2006

Scende nel bicchiere con grevità glicerica, ma il colore è vivo e di affascinante vividezza. L’olfatto, giocato su note di frutto rosso avvolgenti, e su una netta sensazione di smalto,  non dell’intensità attesa dal “camino” alcoolico: c’è però una nota polverosa, incerta, non pienamente appagante. Forse ha bisogno di liberarsi dai 2 lustri i restrizione, probabilmente migliorerà con la serata, o forse ancor più domani…La qualità del campione però in bocca: equilibrio misurato e complesso. La nota alcolica, dalla presunta non contenibilità, è in realtà bilanciata perfettamente dalla componente acida, perfettamente anch’essa camuffata nei ritorni fruttati della retrolfattazione, e da una nota tannica decisa, morbida ma non completamente arrotondata: e mentre ti aspetti il calore nel cavo orale, le papille “sudano”freschezza. Da rivedere…domani!

d.c.

La retroetichetta… un po’ retorica ed autocelebrativa. Io sottolineo solo il volume alcoolico.

Il tappo assolutamente perfetto.