Orvieto, 2008. Conte Ottavio Piccolomini

Un winesnob come me (mi accollo la meravigliosa definizione rubricata nell’altrettanto meraviglioso sito Passionegourmet) non dovrebbe neanche avvicinarsi a vini così! Ed invece la bottiglia riposava, anzi era stata dimenticata nella mia cantina chissà da chi e chissà quando. Poi quale sia stato il motivo per cui ho voluto sfidare le ossidazioni (ed i pregiudizi), proprio non so…

Beh…Signori…Mi dispiace per voi, ma la sorpresa! Il vino è apparso (non solo a me) integro, di puntuale freschezza e di bella presenza di frutto, di piacevole persistenza. Maturo, si, ma non appassito. Ma chi l’avrebbe mai detto?  Anche i vini dei “negozianti” hanno un’anima? 

d.c.


Usti!!!

A tanto si sarebbe spinto il nostro D.T. preso da un precoce entusiasmo da ossidazione dettato dalle note di un Carat 2012 di Bressan, a dire la verità non particolarmente straordinario. Per onore di cronaca sarà poi proprio lui a divenirne il più acceso detrattore.  

Siamo finalmente insieme, in un locale un po’ magico, e con noi due graditissimi ospiti.

La serata inizia con una bollicina: un Franciacorta ben fatto, naturalmente NON DOSATO, paradigmatico della via che secondo noi i produttori franciacortini devono percorrere. La bottiglia evapora rapidamente, la sete è tanta. Raddoppio?…


… No! E’ il momento in cui D.T. si perde nella carta dei vini, approdando ai lidi goriziani di Bressan.

I sentori olfattivi sono interessanti, tra il balsamico e le note rilassanti di una tisana di fiori; puliti ma di una intensità tenue per quanto farcita di ossidazione. Ossidazione che ha inciso sul colore del vino, oramai già virato a colori tra il rosato e l’arancia(ta) pur essendo un assemblaggio del classico Tocai Friulano, Malvasia e Ribolla Gialla. Vendemmia 2012. Vinificazione studiata per produrre vini da invecchiamento: non questo! Debole in tutte le sue caratteristiche organolettiche, persino deludente in punto di acidità al palato. Piatto, senza emozioni. 


A questo punto era necessaria la virata! Al nostro tavolo è presente un grande, grandissimo produttore dell’OltrePo. Perchè ulteriormente rischiare: “Andrea, portaci qualcosa di tuo…” Ed ecco che compare un appena imbottigliato pinot nero, senza etichetta, senza orpelli, ma con un’anima immensa. Semplice, ma non banale, corretto in tutti gli elementi attesi, fresco si (anzi all’inizio anche un po’ freddo…) ma capace fin da subito di zittire gli astanti, segno di fascino e grande profondità. Il vino ti parla, ti racconta della sua sincerità e della sua purezza; il frutto croccante nella sua polpa, ti sfama: ecco l’emozione che cercavamo.

A compimento del miracolo, un regalo: il cuoco, il magico Michele Valotti ci invia un suo regalo, un test per la prossima carta. Perfetto!


Rimaniamo in OltrePo e rimaniamo sulla purezza di un “Sangue di Giuda” tipico, suadente, chiacchierino, che addolcisce il nostro palato ed i nostri pensieri. Sono vini antichi, persa la loro funzione “alimentare”, funzionano da porta sul passato, parlano di chi e cosa eravamo, pur con dialetti diversi.


…la fortuna della felicità…

d.c.

Verdea la Tonsa, Nettare dei Santi.

Viene dalle zone di San Colombano questo vino frizzante secco, senza denominazione, senza indicazioni, senza nulla… sappiamo solo che è prodotto dalla vinificazione di questa uva locale, dal limitato sviluppo alcoolico. Impossibile rintracciare particolari lodi (olfatto leggero e poco espressivo, acidità lieve sorretta da una frizzantezza da naturale rifermentazione), ma neanche infamia per un vino corretto, senza particolari difetti, volutamente umile.

d.c.


.


… più memorabile del vino la meravigliosa “bomba di riso”  abbinata ed improvvisata in quattro e quattr’otto da Elena…

Ma è nato prima l’uovo o la gallina?

O meglio: è nata prima la straordinaria coppa e l’impareggiabile pancetta piacentina o il gutturnio frizzante? Credo che rappresentino un binomio imprescindibile, quasi un postulato euclideo. E per cui nel rincorrere ed anelare ad antiche vendemmie di Chateaux, nel sognare Baroli ottuagenari e Supertuscan da milionari, evviva evviva il tanto umile Gutturnio frizzante, sontuoso cerimoniere delle tavole più frugali, più spontanee e genuine…

Credo che la cantina in esame oggi sia tra i grandi interpreti del Gutturnio, ed in particolare modo di quello spumoso e frizzante; ma questa volta mi sono tolto lo sfizio di verificare la tenuta nel tempo di questi vini, attesi normalmente a pronto consumo. E devo dire che la prova è stata superata con grande onore: forse ha perso un po’ di esuberante freschezza, ma anche di rusticità (a volte un po’ troppo invadente), mantenendo un bel profilo intensamente fruttato, pulito, senza cadere in quei sentori di buccia di salame, troppo spesso incontrati in rossi mossi “passati”.

Questa sera perfettamente sposato ad una culaccia da lacrime di commozione proveniente da Perino in Val Trebbia.

d.c.


Giorgi 1870  Gran Cuvée storica 2011.

Pinot nero delicato, tenue, appena appena sussurrato. Abituati come siamo noi “franciacortini” a pinot di carattere, a volte muscolosi, a volte persino rustici, lascia spiazzati questa eleganza che non lascia traccia. Questa leggerezza era già stata definita come cifra stilistica in precedenti avvicinamenti alla cantina, già “postati” anche qui nel nostro petit cahier. Pluripremiato dalle Guide con bicchieri, gujot e chi più ne ha più ne metta…il vino è perfetto, ma… non mi ha pienamente convinto!

d.c.


Retroetichetta: non vi pare un po’ troppo piena?

Sigillo particolare.


Il tappo perfetto.

Amarone della Valpolicella classico, Campomasua, Venturini. 2006

Scende nel bicchiere con grevità glicerica, ma il colore è vivo e di affascinante vividezza. L’olfatto, giocato su note di frutto rosso avvolgenti, e su una netta sensazione di smalto,  non dell’intensità attesa dal “camino” alcoolico: c’è però una nota polverosa, incerta, non pienamente appagante. Forse ha bisogno di liberarsi dai 2 lustri i restrizione, probabilmente migliorerà con la serata, o forse ancor più domani…La qualità del campione però in bocca: equilibrio misurato e complesso. La nota alcolica, dalla presunta non contenibilità, è in realtà bilanciata perfettamente dalla componente acida, perfettamente anch’essa camuffata nei ritorni fruttati della retrolfattazione, e da una nota tannica decisa, morbida ma non completamente arrotondata: e mentre ti aspetti il calore nel cavo orale, le papille “sudano”freschezza. Da rivedere…domani!

d.c.

La retroetichetta… un po’ retorica ed autocelebrativa. Io sottolineo solo il volume alcoolico.

Il tappo assolutamente perfetto.

Meyer Fonné , Pinot Blanc Vieilles Vignes 2015. Vin d’Alsace.

Brillante, fresco, semplice, ma inneggiante alla beva, mai complessa o impegnata, ma non per questo non piacevole o appagante. Olfatto di floreale finezza, palato di conturbante leggerezza. Questo l’indelebile parte del ricordo. Ahinoi da dimenticare la vena artistica del fotografo, poco impegnato nel ritratto della testimonianza.

d.c.



Straordinario invece il ricordo del risotto che ha accompagnato il sacrificio della bottiglia: risotto al Castelmagno con nocciole delle Langhe e battuta di fassona piemontese. Il tutto servito qui…

Pietra Brox 2015- Tenuta Giardini Arimei.

Alla vista una presunzione di leggera ossidazione, visto il giallo carico, quasi dorato, con cui si presenta nel bicchiere. Forse gli effetti di una vendemmia un po’ avanzata. Ma invece i profumi sono lievi e floreali, su una nota salmastra. Entra pulito nel cavo orale, senza eccessi, sia per acidità che per alcolicità, entrambe sempre misurate. Persistenza indotta da una base di sapidità, cifra della tessitura di tutta la degustazione.

Da vitigno Biancolella. Ischia Doc. Cantina appartenente alla Galassia Muratori.

d.c.


La retroetichetta.


Il tappo di sughero ad alta tecnologia.


Il giallo oro che un po’ mi ha confuso…

Il Principe….

AMEDEO     CUSTOZA SUPERIORE D.O.C.

Grazie al mitico Tito che mi ha omaggiato di questa bottiglia dopo una sua visita in cantina, incuriosito da questo Custoza  segnalato tra i grandi vini con i tre bicchieri dal Gambero Rosso….

 

Il nome ricorda il Principe Amedeo di Savoia ed è davvero un vino da Principi…
Bianco con un grande potenziale per un buon invecchiamento, semi aromatico piacevole con un perfetto equilibrio tra frutta, tannino, alcol e acidità. Spicca la Garganega (40%) tra i vitigni che lo compongono e l’aromaticità della Fernanda 30% (clone di Cortese), Trebbianello 15% (clone di Tocai), Trebbiano Toscano 15% corposi ma neutri. Davvero una bella e buona sorpresa…

 

Andata e… ritorno.

Ripassaggio sulla Cantina Giorgi, con un prodotto, questa volta, similissimo ad uno già qui recensito un paio di mesi orsono: Pinot nero in Dosaggio Zero denominato Top Zero ma qui nella sua versione Vigna La Sacca ( e con cambio cromatico dell’etichetta…). Sboccatura leggermente più datata del precedente (dicembre 2015), prodotto fotocopia nelle sue caratteristiche principali, se non per una personale percezione di maggiore gioventù, o forse minore maturità, ed una spiccata nota olfattiva di rusticità, che non ho particolarmente apprezzato. Vino per il resto caratterizzato da puntuale correttezza e da una “leggerezza” che evidentemente ne rappresenta la cifra stilistica. Come alla visita di leva: rivedibile.

d.c.

Come nella precedente esperienza l’unico accenno al “cru” nel bollino sovrastante l’etichetta.


La retroetichetta: tutte le informazioni sono puntuali, ne rivedrei la veste grafica.


Tappo, perfetto e di alta qualità.