LE ETA’ DEL LUGANA

Sabato 25 novembre si è tenuta, presso lo splendido contesto del castello di Desenzano, una nuova e bella iniziativa del Consorzio di Tutela del Lugana, organizzata nell’ambito dei 50 anni della DOC. Anche in questa occasione ho avuto la fortuna di partecipare con l’amico GianPaolo ad una degustazione dal tema

LE ETA’ DEL LUGANA “ con tipologie  dal 1994 al 2015 di VECCHIE ANNATE, VENDEMMIA TARDIVA e RISERVA.

Il TURBIANA cioè il vitigno del  LUGANA ha dimostrato una buona resistenza all’invecchiamento sicuramente grazie al terreno argilloso, al clima del lago e naturalmente al vitigno stesso. I vini presentati nella rassegna erano ben 107, ma ne erano però concessi all’assaggio “solo” 15. All’inizio abbiamo avuto qualche incertezza nella scelta. ma alla fine il numero di 15 si è dimostrato sufficiente.

La sala del castello che ci ha ospitati si è presentata ampia, ben illuminata, con tavolini singoli ben separati, tutti poi hanno lavorato in silenzio, elemento essenziale per affrontare l’analisi con la dovuta concentrazione. Ho apprezzato il servizio ordinato e preciso, in particolare sul vino servito nella giusta quantità per un assaggio corretto. La quantità eccessiva che spesso ti servono in queste occasioni mi irritano perché ti costringono spesso a gettare via anche prodotti notevoli.

Fatto il doveroso riconoscimento alla validità dell’organizzazione passiamo alla rassegna dei vini assaggiati iniziando con l’unico spumante presentato.

Anno 2011

Cantine la Pergola Spumante metodo classico millesimato

  • Profumo fruttato di pesche gialle e albicocca matura pulito ed invitante
  • In bocca bollicine fini ed avvolgenti. All’inizio un sentore di mandorle amare poi un’evoluzione verso un’ intensa aromaticità via via sempre più intensa tanto da risultare alla fine non del tutto piacevole.

Per proseguire gli assaggi ho dovuto pulire la bocca con acqua e grissini.

Questo mi ha purtroppo ancora una volta fatto capire ( a mio giudizio ) che l’utilizzo del “ Turbiana “ nella spumantizzazione non sta dando i risultati sperati. Sono anni che seguo questa tipologia di prodotto, ma di fatto, per mia incapacità ed impreparazione, non ho ancora incontrato un produttore che si distingua.

Anno 1999

Cà Lojera Lugana

  • Profumo intenso di pesche gialle e albicocche mature
  • In bocca morbido, sapido, aromi di frutta molto matura, una leggera ossidazione però lo rende un prodotto ormai alla fine di una più che onorata carriera.

18 anni per un vino bianco sono tanti, questo però ci da pienamente un’idea sulla longevità e potenzialità di questo vitigno

Anno 2001

Selva Capuzza   Lugana superiore

 Il termine superiore è stato introdotto nel disciplinare nel 1998. Per fregiarsi di questa denominazione il vino deve subire un invecchiamento od affinamento di almeno un anno a partire dalla data della vendemmia.

  • Profumi abbastanza evanescenti, lontani sentori di albicocca matura
  • In bocca intenso , sapido, aromi di albicocca matura, persistente, abbastanza fresco. Finale con sentori piacevoli di mandorle amare.

Prodotto ancora piacevole, ma la sensazione è che sia arrivato a fine carriera.

Anno 2002

Cà Lojera Lugana superiore

  • Profumo complesso, abbastanza intenso, oltre all’aroma classico di albicocca matura netto quello di agrumi                     mandarino, pompelmo, fino al bergamotto (?).
  • In bocca persistente, sapido, agrumato, abbastanza fresco, finale leggermente mielato.

Lascia la bocca con una gradevole sensazione di pulizia.

15 anni, ma non li dimostra. Notevole. Personalmente l’ho valutato sopra i 90 punti, mi auguro di rincontrarlo! 

Anno 2004

Zenato Lugana Sergio Zenato

  • Colore intenso per passaggio in barrique
  • Profumi evanescenti, quasi assenti
  • In bocca morbido, pastoso, abbastanza persistente, aromi vanigliati, fruttati, un richiamo alla liquerizia, zuccheri in evidenza.

Un po’ pesante anche se abbastanza gradevole. Difficile definirlo “ Lugana “

 Anno 2005

Selva Capuzza Lugana superiore Podere

  • Profumo complesso di erbe aromatiche e di albicocca matura
  • In bocca sentori evidenti di erbe aromatiche ( artemisia), morbido, sapido, intenso, finale amandorlato.

Valutazione verso i 90 punti. 12 anni che proprio non si sentono.

Anno 2006

Cà Majol   Lugana superiore Molin

  • Profumi delicati di frutta matura ( albicocca ), etereo.
  • In bocca morbido, sapido, caldo, aromi di frutta matura e di erbe aromatiche, abbastanza fresco, zuccheri evidenti.

Forte aromaticità al primo sorso poi si attenua lentamente. Gradevole, di buona qualità. Punteggio sopra gli 85 punti.

Anno 2007

Cà de Frati   Lugana I Frati

  • Profumi tipici di albicocca matura e altri profumi non definibili.
  • In bocca morbido, abbastanza fresco, sapido, aromi delicati di frutta matura molto persistenti.

Anche in una degustazione alla cieca non sarebbe difficile identificarlo come Lugana tipico . Alto punteggio.

Anno 2008

Perla del Garda   Lugana Madre Perla

  • Profumi sfuggenti di erbe aromatiche
  • In bocca morbido, sapido, abbastanza fresco, fruttati e di erbe aromatiche non molto pronunciati .
  • Valutazione media

Anno 2009

Citari Lugana superiore La Torre

  • Profumo intenso di erbe aromatiche ( artemisia)
  • In bocca fresco, sapido, morbido, aromi di erbe aromatiche con sfumatura di albicocca matura. Chiude con un piacevole amaro di mandorle.
  • Proprio non male. Punteggio 88 

Anno 2011

Montonale   Lugana Montunal

  • Profumi fruttati e di erbe aromatiche appena percettibili.
  • In bocca persistente, sapido, abbastanza fresco, zuccheri evidenti.
  • Valutazione nella media.

Anno 2012

Polverini Anna   Lugana superiore Antico Podere

  • Profumi appena accennati di erbe aromatiche.
  • In bocca persistente, sapido, zuccheri in evidenza, finale con un accenno di mandorle amare.
  • Valutazione nella media

Anno 2013

Cascina Maddalena Lugana Capotesta

  • Profumi sfuggenti
  • In bocca fresco, sapidi, poco strutturato
  • Corretto con una buona valutazione

Anno 2014

La Rifra   Il Bepi Riserva

La denominazione riserva è stata introdotta nel disciplinare con l’ultima revisione del 2011 ed è una logica evoluzione della denominazione “superiore”. Il vino deve invecchiare o affinare per almeno 24 mesi, di cui 6 in bottiglia, dalla data della vendemmia.

  • Profumi complessi dalle sfumature agrumate e di albicocca matura
  • In bocca morbido, sapido, aromi di agrumi un po’ sfuggenti, nel finale zuccheri in evidenza.
  • Valutazione media

Cadore Lugana riserva

  • Allineato con la tipologia Lugana.
  • Valutazione media

Negli ultimi minuti prima che giustamente ci invitassero ad uscire abbiamo assaggiato al volo le uniche due vendemmie tardive presentate. Due prodotti completamente diversi tra loro. Onestamente per il momento teniamo in sospeso il giudizio e la valutazione. La prima impressione è che siamo difronte ad un vino non passito (ma che punta a questa tipologia) o ad un vino non “ vino”. Non siamo riusciti a ricavarne una identità , secondo me non esprime il territorio, inoltre non sono riuscito a farmi un idea sull’abbinamento cibo-vino che sempre secondo me è l’unica prospettiva vincente per un vino.

CONCLUSIONE

Una serata davvero molto interessante. Abbiamo potuto toccare con mano, una volta di più, come evolve un Lugana nel tempo. Il Lugana evolve senza problemi, anzi migliorando, per più di 10 anni. I prodotti di qualità superiore arrivano ad invecchiamenti anche di 15 anni; a questo punto però inizia una decadenza più o meno rapida. Per il mercato considerazioni inutili in quanto i prodotti non sono più in commercio. Vengono presentati saltuariamente ed apprezzati solo dai patiti come me, per gli altri rappresenta una mera curiosità statistica.

Effetto “effervescenze”

Non potevo che venire suggestionato dalla lettura di “Effervescenze”, di Massimo Zanichelli edito da Bietti. Al primo incontro con un Metodo Ancestrale oltrepadano mi ci sono subito avventurato.

WAI, Provincia di Pavia IGT, Bianco 2016. Tenuta Belvedere di Montecalvo Versiggia.

Vino frizzante da rifermentazione in bottiglia. Di fatto un Blanc de Noir, da uve di pinot nero. Tappo a corona, bella bottiglia “antica” dei ricordi (tanto per intenderci quella con cui mio nonno Bepi imbottigliava i bianchi travasandoli dalle damigiane gorgoglianti…). Un giallo carico, più che dorato, rossiccio. Una evidente velatura da feccia, in massima parte collassata sul fondo. Un’esuberanza di frutto al naso, una freschezza di polpa acerba, ma anche qualche nota fermentativa non propriamente gradevole. In bocca la forte percezione che la bulle seppur di estrema finezza ha minore carica esplosiva, ed è di minor supporto alla struttura acida, presente ma un po’ soverchiata dalla dolcezza del frutto e di tutto il liquido in generale. Piacevole per la novità, difficilmente abbinabile, comprendo il fascino della filosofia e della poesia che sta dietro a questi vini, ma non ancora in grado di emozionarmi. Forse non sono ancora pronto.

d.c.

La velatura non è solo appannamento del bicchiere…

La lettura attuale sul mio comodino.

Ne rimarrà solo uno.

Doppio cartone dalle alterne vicende, quello del Caseo Grande Cuvée Pas Dosè 2001: ma è stato in occasione della stappatura dell’ultima bottiglia del lotto la sorpresa più affascinante. Devo ammettere che non tutte le 12 bottiglie sono riuscite a valicare i limiti del tempo nello stesso modo: alcune di queste, progressivamente aperte nel tempo, erano segnate da decise marcature ossidative. Anche quest’ultima, sacrificata a ben 17 anni dalla vendemmia, mostrava una naturale vena ossidativa, ma la stessa donava note inaspettatamente conturbanti. Il colore di un indiscutibile giallo oro brillante. Olfatto di grande intensità: su tutte una esuberante nota di agrume candito. Al gusto ancora assolutamente tagliente, nessuna rotondità, nè grassezza alcolica. L’arancia ora qui è matura, ed il frutto è dolce, succoso. 17 anni dalla produzione!!! Almeno 14 dalla sboccatura! Monumentale.

d.c.

Millesimo

La retro con errore… applicata etichetta da grande formato, ma ahimè questa bottiglia era normale.

Panorama e… sempre sushi!

Ferrari Perlè 2011

E’ vero! Bevo e vivo la Franciacorta, ma non posso negare una predilezione per il Trento DOC, e su tutti la madre di tutte le maison della Valle d’Adige: Ferrari. Da sempre, per me, maestri assoluti di eleganza. E non è da meno questo Chardonnay del 2011, ma dalla sboccatura effettuata nel corrente anno. Eleganza olfattiva, con decisi profumi di fiori bianchi ed una mela verde leggermente acerba ed una conturbante speziatura. Imperiale eleganza al gusto: vibrante, secco, tagliente e di impressionante persistenza. Qui tornano note di mela questa volta miracolosamente maturata ed un tocco di mandorla da pasticceria. Peccato: troppo velocemente finito.

d.c.

Big Apple…

La fortuna di trovarsi qualche giorno nella Grande Mela ed essere ospiti all’Oyster Bar e Restaurant all’interno dell’immensa stazione di Grand Central. Cinque pagine cinque di selezione di diverse tipologie di ostriche (oltre 250 referenze…): la mia preferenza su strepitose Kumamoto dell’Oregon e Shigoku da Washington State. E poi una incredibile Soup…. una zuppa con vongole del Massachusetts di memorabile delicatezza. Ed il tutto abbinato a vino italiano: un Vermentino della bassa costa toscana (P.s. Nella carta dei vini appuntata in “Sardinia”… e potete immaginare gli strali verbali lanciati all’impreparato e presuntuoso sommelier). Ancora sufficientemente non integrato: da una parte una coriacea freschezza, pilastro della struttura dell’intera bevuta, dall’altra una lontana aromaticità ed una dolcezza di frutto che arrotonda ed ammorbidisce (in perfetto abbinamento con la dolcezza della zuppa).

Azienda agricola Terenzi in Montedonico ( a due passi da Scansano) Vermentino di Maremma Toscana doc BALBINO 2015… 40 USD (come un Prosecco…).

d.c.

E nonostante tutto continuerò a bere Franciacorta

Molti degustatori, gran Maestri, cominciano a divenire sempre più critici verso gli spumanti della Franciacorta, cogliendo, e non apprezzando particolarmente, le note di maturità indotte da stagioni estive sempre più bruciate da temperature mai provate. Anche io devo ammettere, che gran degustatore e maestro non sono, che molto spesso non comprendo a pieno nè il modello agricolo (qualora ancora ci fosse…) nè tantomeno “industriale” della gamma in produzione in Franciacorta (ma non tornerò su temi personali con il solo risultato del tedio…). Però ritengo che in Franciacorta oggi si beva ancora bene: un vino che probabilmente si è modificato nella sua evoluzione (non organolettica); che probabilmente non ha ancora trovato il modello perfetto commerciale (come se questo esistesse), rincorrendo il falso ed irraggiungibile miraggio di poter essere considerato un mercato alternativo alla bollicina francese (… ma quando mai!!!…); che potrebbe trovare nuovo slancio anche con l’introduzione di nuovi uvaggi ammessi, con una contribuzione non tanto migliorativa quanto di correzione di acidità (d’altra parte fra poco si vendemmierà a giugno!) facendola un po’ in barba alla tradizione (… ma cosa è una tradizione non ancora quarantenne? Al massimo alla seconda generazione di vignaioli, quand’anche la maggioranza dei produttori sia ancora alla prima…).

E quindi?…. e quindi vi racconto un fine settimana tipo di un normale residente franciacortino.

Venerdì ora di pranzo. Bisogna ridestare le papille, assopite da qualche ora di astinenza dal vino…

Nonostante la lontananza lavorativa, bere i vini di casa, e peraltro di amici, non è un problema. E per cui ottimo Dosaggio Zero di Muratori. Preciso e tagliente nonostante un calore alcoolico generoso. E’ uno dei miei vizi quotidiani preferiti.

Sabato a pranzo. Dell’ “Occ de Pernis” vi ho già raccontato, e per cui salto…

Sabato sera a cena con l’Editore. Cosa si berrà?

Attenzione! L’Editore vi scruta ed osserva… sempre!

Cavalleri Dosaggio Zero 2012: una delle mie cantine preferite. Simbolo costante nel tempo di qualità. Da tempo oramai convertita alla schiera dei Vignaioli Indipendenti.

Assoluti cultori della modica quantità, la nostra secchezza di fauci non poteva che portare a stappare ancora qualcosa d’altro…

Mosnel, naturalmente Pas Dosè (ve l’ho già detto che mi piacciono i Non Dosati? Mi sembra di si…). Il meno muscoloso nella serie di assaggi, ma dalle grandi doti di leggerezza e precisione,

Pranzo della domenica.

Beh ogni tanto prendersi una pausa di riflessione aiuta, una divagazione su bollicine diverse concede di fissare qualche termine di paragone, anche se i paragoni NON vanno fatti quando a tavola trovi una bolla francese…

Tranquilli, niente di stupefacente. Champagne commerciale da Maison di gran commercio… ma sempre meglio che bere Prosecco…

Da questo tipo di bollicina i nostri “eroi” non sono tanto lontani. Ed infatti la seguente bottiglia (aperta sempre nel rispetto della modica quantità) non ha affatto sfigurato: ancora Muratori con un Villa Crespia? Prometto: per un po’ non ne parlerò più (pur continuando a berne copiosamente…).

Ancora Dosaggio Zero! Ma quale Riserva… un 2006, con sboccatura 2013. Nessun elemento ossidativo nel bicchiere, anzi una integrità granitica, prova (già altrove sperimentata) che i Grandi Franciacorta, qualora ben conservati sono assolutamente immortali.

Lunedì a pranzo.

La vita è già abbastanza dura di suo, ed ad inizio settimana è ancora più dura: è quasi un obbligo rincorrere il tentativo di addolcirla. Non andando matto per i vino dolci… vai di Franciacorta!

Molto delicato, non impressionante in termini di struttura, persistenza fugace, ma ottimo in abbinamento con una pasta ai frutti di mare. Beh anche il lunedì finirà…

Martedì a pranzo.

La settimana è lanciata, il catalizzatore dei guai è in azione. Necessita boccata d’aria.

Evviva la Franciacorta, quando il Franciacorta è così buono! Ad una frutta fresca, croccante di pasta gialla si affianca una imperiosa acidità, trama portante di una struttura inscalfibile.

Avete ragione: settimana monotona e monotematica.

d.c.

Libera interpretazione celtica dell’ “occhio di pernice”

Ho cercato e ricercato nel web questo “Oeil de perdrix” padano che ho rintracciato nella mia cantina, ma non ne ho trovato orma nel web. Credo nascente dalla stessa ricetta di assemblaggio dell’attuale Rosè (ossia 70% Chardonnay e 30% Pinot Nero) di casa Facchetti in Erbusco . Lo sapete non sono un grande estimatore dei Saten di Franciacorta ed ancora di meno dei Rosè (… che razza di winesnob, direte correttamente Voi…), e tutto ciò è prova che non capisco un tubazzo! Perché questo “Occ de Pernis” è (sorprendentemente, ma la sorpresa è evidentemente solo per me) buonissimo! Veste una tipica buccia di cipolla tenue, molto delicatamente rosata. I profumi sono nitidi, netti, non intensissimi, ma gradevolmente fruttati. In bocca struttura e pulizia su tutto. Tagliente ed appagante. Dalla persistenza affascinante, lunghissimo abbandona il cavo orale lasciando un particolare ricordo di ribes rosso. Da ritrovare e riprovare!

d.c.

Riflessi di tramonto (e si riesce anche ad intuire l’azzeccato abbinamento ad un piatto di sushi).

Tocai, tocai… perchè sei tu tocai?

Guerra vinta o guerra persa? In termini di orgoglio nazionale senz’altro guerra persa, anche perchè dal punto di vista commerciale non credo ci sia mai stata una vera guerra, per l’impossibilità di confondere i due prodotti (il nostro Tocai ed il loro Tokaj). Dal punto di vista della caparbietà a mantenere alto l’onore e la qualità di un prodotto friulano di eccellenza, guerra assolutamente vinta! Anzi oso dire che siamo e saremo imbattibili.

Tipicamente inconfondibile perchè Tipicamente Friulano (utilizzando il motto lanciato qualche anno fa nella fase di difesa del vitigno): pugno di ferro nel guanto di velluto, il tocai (perchè io continuerò a chiamarlo così) rappresenta l’armonia degli eccessi. Combina un grado alcolico sempre generoso ad una acidità da corrosione; un’intensità di profumi da stordimento ad una complessità spesso inestricabile; una potenza e struttura da cazzotto nello stomaco, ad una finezza ammaliante che invoca ancora un bicchiere. Come possibile non amare un vino così, che come tutti gli amori difficili ti abbandona con un po’ di amaro(gnolo) in bocca.

Bevo Tocai da sempre. In alcune fasi storiche della mia vita ne ho bevuto con uso smodato, ma non conoscevo questo di Terre del Faet in Cormons, che non ha fatto altro che confermare le mie passioni.

d.c.

Oh Romeo Romeo perché sei tu Romeo!?

Rinnega tuo padre, rifiuta il tuo nome, o se non vuoi, giura che mi ami e non sarò più una Capuleti.

Solo il tuo nome è mio nemico: tu sei tu.

Che vuol dire “Montecchi”?

Non è una mano, né un piede, né un braccio, né un viso, nulla di ciò che forma un corpo. Prendi un altro nome.

Che cos’è un nome? Quella che chiamiamo “rosa” anche con un altro nome avrebbe il suo profumo.

 Rinuncia al tuo nome, Romeo, e per quel nome che non è parte di te, prendi me stessa.

William Shakespeare

Sottigliézza.

Fonte Treccani. Vocabolo “sottigliézza” s.f. (der. di sottile). – 1 Qualità di ciò che è sottile; in senso fig., leggerezza: la s.dell’aria di montagna; acutezza, finezza … 2 Con valore concr., osservazione, questione, argomentazione eccessivamente sottile, cavillosa e sofisticata… 

Ecco la percezione principale associabile al nebbiolo valtellinese di Rainoldi (Valtellina Superiore DOCG Inferno 2014 e Sassella 2012): la sottigliezza. Il corpo è fine ed elegante: un sottile velo, tessuto di organza, che non impegna il palato per la sua corposità, ma lo affascina per la sua complessità, mai banale. Sono vini non difficili, fragranti, che sanno di montagna, anzi che hanno la sottigliezza dell’aria di montagna (…); il tutto è giocato su un equilibrio mirabile che non li fa mai sentire eccessivi in freschezza (ma l’acidità è sferzante!) nè in termini di calore (ma il volume alcoolico non è irrilevante, 13%) con una base comune di frutto rosso carnoso  (più intenso ed amarognolo nell’Inferno, che è anche sensibilmente più giovane,  più maturo, suadente e sofisticato nel Sassella).

In abbinamento odierno a sana cucina di montagna, ricca di formaggio e burro. Da abbinarsi musicalmente a “Come é profondo il mare” dell’immenso Lucio Dalla…

d.c.





La modica quantità…