Oggi sembra che se una cantina non dimostra di avere un vino spumante in gamma, abbia un grave problema commerciale . La richiesta del consumatore pare esclusivamente canalizzato verso le bollicine. Ma, mi domando io, avevamo proprio bisogno di questi spumanti? Lo dico con il massimo rispetto per un noto produttore che il vino lo sa fare bene…
Val de Livre… a due passi due da Ambonnay e Bouzy… da dove arrivano i miei Champagne preferiti. Ed anche questo, scoperto dalla atavica voracità del nostro Editore, è indiscutibilmente sublime. Eccellente ma per nulla impossibile in termini di argentdepoche!
Alla mia signora questo chardonnay è piaciuto tantissimo: di grande schiettezza, assolutamente franco, semplice e diretto. Nonostante qualche anno ancora perfettamente integro. Io, che sicuramente sono molto più winesnob, ricerco più struttura. Una domanda a chi vorrà rispondermi: perché uno chardonnay che necessiti di una denominazione IGT?
Mi sembra ancora di sentire il caldo di quell’ormai lontano 2003. E, se vi ricordate, si dichiarò penalizzata la vendemmia di quell’anno con uve portate alla pigiatura cotte. Dopo oltre tre lustri il vino è ancora potentissimo, con un fruttone succoso, forte sensazione di calore, sicuramente cedente sulle componenti dure. Probabilmente questa condizione è stabile da tempo e riuscirà a conservare i suo aspetti per ancora lungo tempo.
In queste uggiose settimane un ricordo di una giornata pre serrata. Domenica mattina, passeggiata tra le vie del centro di Parma. Tappa d’obbligo l’aperitivo al Tabarro dove, seduti all’aperto intorno alle botti, ci godiamo il tepore del sole autunnale. Tra le sempre interessanti proposte alla mescita ci balza all’occhio un San Cristoforo Franciacorta, niente meglio di una bollicina metodo classico per stimolare l’appetito. Ci intriga subito la complessità che spicca dal calice. Conoscenza da approfondire: non basta certo un bicchiere, dobbiamo assolutamente riassaggiarlo. Così ci accomodiamo all’interno del locale in un intimo e confortevole (insomma di questi tempi isolato) angolino. Ordiniamo un tagliere di speck del mitico Pretzhof e un Parma 42 mesi al coltello, recuperiamo la bottiglia e via!! L’etichetta avvalora la struttura percepita: tiraggio 2015 sboccato nel 2020!! Diego, appassionato proprietario del Tabarro, ci conferma che la bottiglia in degustazione è una versione insolita dell’N/D di casa San Cristoforo normalmente sui lieviti per 30 mesi. Il maltempo abbattutosi sul raccolto delle stagioni 2016/2017 ha persuaso a rinunciare alla riserva di famiglia che porta il nome di Celeste, la figlia del produttore a cui è dedicata. Questo ha permesso di, “sbloccare” le Riserve 2013 e 2014 destinate a divenire per l’appunto il vino denominato Celeste. Il produttore ha così concesso soltanto ad alcuni selezionatissimi clienti e amici il privilegio di godere praticamente di una “Riserva” sotto mentite spoglie. Presumo che anche in questa versione ci si trovi davanti a un 100% Chardonnay. L’intenso giallo dai dorati riflessi lascia presumere la complessità dei sentori che da mela verde e pera williams evolve a miele e a croccanti note di panificazione. Sorso fresco e invitante accompagnato da intensa sapidità, la giusta grinta che ti aspetti da un non dosato. Grazie ai ragazzi del Tabarro per il bel pomeriggio poi, neanche a dirlo, proseguito con altri interessanti assaggi.
Occhieggia il corallo nel nobile rosa antico, tempestato dagli infinti spilli dell’ammaliante perlage. Naso soffice ed elegante di giaggiolo, agrumi e ciliegia candita in cui poi entra una mousse di burro alla nocciola, inseguita da spezie e sentori di sottobosco. Aggraziata e croccante spuma che scivola decisa nel palato con vellutato, cremoso equilibrio minerale e una piacevole nota sapida. Lascia un persistente, piacevolissimo ricordo.
Un grazie al mio amico Stefano per aver condiviso questo nettare! Per quanto siano tempi difficili, il Natale è alle porte, non perdiamo occasione per brindare….
Aperto alla conclusione di una divertente regata, gentilmente offerto dall’armatore dell’imbarcazione, molto “vicino” al produttore… Sarà stata la secchezza di fauci (poi prontamente risolta!), che ha reso tecnicamente appuntabili le mie note di degustazione, ma il vino è apparso imperioso, lineare, non scalfibile, di rara nobiltà ed eleganza. Urge la controprova in condizioni di studio!
É tutto a posto! Ma gli manca la scossa elettrica. Il vino è composto, piacevole, lo si beve con gusto, anzi scorre rapido…ma io cerco la scossa, lo voglio nervoso, indomabile, persino nevrotico… insomma simile a noi, non dosati!
Una serata con nuovi amici in riva al lago. Gli spettri di una prossima, insopportabile, nuova clausura. Un po’ di bottiglie da finire prima di chiudere… Il Brut s.a. nonostante le dimensioni abnormi per il numero degli astanti (ben allenati) è finito quasi subito (lotto del 2016? Un po’ di note ossidative io le ho trovate…). Ottimi i Satèn che hanno reso indimenticabile il ricordo di ciò di cui verremo a breve privati.
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